Perché per raggiungere gli obiettivi aziendali si sottovalutano le aree forti delle persone?

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Provate a fare un gioco. Andate da un vostro collaboratore, rivolgete i palmi verso l’alto e chiedete: “se queste mani fossero piatti di una bilancia, mi fai vedere quanto pesano secondo te, le capacità e quanto pesano le aree migliorabili sul lavoro?” Sono pronta a scommettere che molti dei vostri collaboratori vedranno le aree migliorabili più pesanti di quelle forti.

Quando si lavora su diversi processi aziendali che possono andare dalle selezioni alla valutazione delle prestazioni, si ragiona spesso in due prospettive: quella delle aree di forza e quella delle cosiddette aree migliorabili, di crescita, potenziabili ecc… Insomma, le aree in cui la persona funziona peggio….le famose aree deboli! Ma sì, diciamolo! Le persone hanno delle aree migliorabili ma anche delle aree deboli, quelle cioè su cui non solo non danno il meglio di sé ma che magari servirebbero per fare cose che neanche gli piacciono e su cui quindi non interessa loro migliorare! Mi permetto di fare questa sottile ironia perché negli anni mi ha sempre colpita la creatività con cui ho sentito chiamare le aree personali che proprio non erano al top; come se fosse tabù ammettere che le persone possono avere dei limiti.

Le parole sono importanti, lo so benissimo e so quanto parlare di aree di miglioramento abbia un impatto sulla persona e quanto parlare di aree deboli possa averne un altro. Tuttavia, penso che sia anche importante imparare a dirci di più che le persone possono essere ottime lavoratrici anche se hanno dei difetti….che non intendono o non riescono a migliorare.

Penso che le aree in cui si funziona meno bene, dovrebbero essere considerate meno un tabù e guardate con maggiore attenzione e meno ansia. Questo perché riuscire a vederle bene per quello che sono e per come sono può rendere le persone più serene e i feedback più efficaci; specie quando dobbiamo darli ai nostri collaboratori al momento della valutazione delle prestazioni.

Quali sono le principali distorsioni mentali legate alle capacità e alle aree deboli/migliorabili?

  • Innanzi tutto, le persone sono frequentemente portate a spendere molto tempo a pensare alle competenze che non hanno piuttosto che a quelle che hanno. Dietro a questa prospettiva c’è spesso la cultura, respirata in famiglia o comunque nel tessuto sociale, del “dover fare sempre di più”; “chi si loda si imbroda” oppure del: “se al compito di matematica hai preso 8 hai fatto solo il tuo dovere”. La cultura del “dovere” a discapito della cultura della valorizzazione dei successi ha intriso più di una generazione e noto che spesso caratterizza anche certi stili manageriali. Ricordo come se fosse ieri un manager che con orgoglio mi disse che: “non diceva bravi neanche ai suoi figli, figuriamoci se lo diceva ai suoi dipendenti. Del resto, vengono pagati per fare bene un lavoro”. Non vi sto a raccontare cosa accadeva quando qualcuno non riusciva a fare bene qualcosa.
  • Le aree deboli/migliorabili sono solo dei limiti. Mi viene in mente la Torre di Pisa; se fosse stata dritta sarebbe così famosa? Probabilmente no. I limiti e i difetti possono essere tali in certi contesti ma essere utili in contesti diversi o usando prospettive diverse. Ricordo una collega a cui veniva riconosciuto costantemente il limite di esprimere in modo troppo forte le sue emozioni (sia quelle piacevoli che quelle spiacevoli). Questo modo di esprimersi catturò l’attenzione di un importante cliente durante un congresso che andò da lei a congratularsi per la sua esposizione. Fu l’inizio di una lunga collaborazione.
  • Il problema della cultura del “dovere” non sta tanto nel sentimento di frustrazione che una persona può provare ma nella distorsione che questa genera; il problema vero è infatti che a forza di rivolgere la nostra attenzione verso ciò che non sappiamo fare e che potrebbe ostacolarci nel raggiungimento di un obiettivo, si può perdere completamente di vista ciò che ci riesce e che può essere un nostro talento. “Vorrei fare questa cosa qua ma non mi riesce/non so fare/non sono capace…” è un pensiero frequente e bloccante. Un’altra distorsione è che le persone possono imparare a dare per scontate le proprie capacità con il risultato che i successi possono essere dati per scontati o visti come frutto del caso o del lavoro di qualcun altro.Avete mai pensato che le persone potrebbero avere più risorse di quello che credono per fare bene qualcosa ma non riescano a vederle? imparare a valorizzare i punti di forza di un collaboratore, aiutandolo a vedere ciò che dà per scontato delle sue capacità può renderlo non solo più motivato ma soprattutto più consapevole e quindi capace di dare voce alle sue capacità anche in modi a cui non aveva mai pensato.
  • Un altro aspetto importante da tenere presente è che il nostro cervello tende a enfatizzare molto le cose che temiamo e su cui ci concentriamo; è un modo per predisporci all’attacco o alla fuga. Il principio della profezia che si auto avvera. Se, ad esempio, io temo di non riuscire a parlare in pubblico, temo che mi bloccherò, tempo che mi dimenticherò le parole ecc…aumenterò le probabilità che ciò accada ma non per mancanza di capacità ma perché sarò portata a interpretare qualunque minimo segnale (alterazione del tono di voce, difficoltà a recuperare una parola) come la prova evidente della mia incapacità. Così darò per scontato che stia accadendo ciò che temevo con conseguenze che si possono facilmente immaginare. Rimandare un’area debole a un collaboratore ed associarla a barriere comunicative come, ad esempio, il moralizzare (“se non migliori questa capacità è un problema”) o il redarguire (“lo sai quanto è importante questa parte di lavoro, ci teniamo tutti che venga fatta bene. Cerca di migliorare) può innescare un processo mentale come quello che abbiamo visto. Rimandiamo le aree di miglioramento ma stando sui fatti, per questo è fondamentale essere molto efficaci nel saper dare feedback corretti.

Infine, ricordiamoci di tenere presente anche un’altra cosa importante: quanto il nostro collaboratore è motivato a crescere su quella specifica area? Mi ricordo che nel mio primo lavoro a un certo punto mi fu chiesto di lavorare alla messa a punto di prove concorsuali. Un’attività che richiedeva precisione, attenzione ai dettagli e capacità di gestire un lavoro routinario. Tutte qualità molto lontane da me. Quando un collega senior mi chiese se effettivamente mi interessasse crescere su quell’area misi a fuoco che non era certamente qualcosa che faceva parte dei miei desideri di crescita professionale. Così trovai il coraggio di dirlo al mio responsabile che mi orientò verso altre attività. Non dare per scontato e chiedere alle persone quanto siano motivate ad accrescere una specifica competenza è un’altra cosa importante da tenere presente. A volte non si ha scelta (se cambia il gestionale, sono costretta ad impararlo) ma a volte ci sono margini di manovra.

Per concludere:

  • Teniamo sempre conto delle aree forti dei nostri collaboratori e pensiamo insieme a quali sono i modi in cui potrebbero essere sfruttati al meglio
  • Diamo il giusto peso alle aree migliorabili e pensiamo a quanto effettivamente siano di ostacolo al raggiungimento degli obiettivi personali e aziendali
  • Chiediamoci se i nostri collaboratori siano effettivamente motivati ad accrescere una specifica competenza
  • Impariamo a dare feedback efficaci; la “pacca sulla spalla” e la “romanzina” non aiutano certo a crescere e, anzi, il più delle volte contribuiscono a aumentare le distorsioni
  • Chiediamoci se i nostri collaboratori siano effettivamente motivati ad accrescere una specifica competenza, soltanto in questo caso possiamo chiamarle davvero aree migliorabili.

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