My name is John and I am a salesman!

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Una differenza culturale

Dal mio periodo lavorativo negli Stati Uniti mi sono portato a casa un bagaglio di esperienze interessanti, ma ciò che più mi ha colpito è il grande valore che ogni azienda attribuisce alla figura del venditore. Il venditore avverte molto l’importanza del suo ruolo e si sente gratificato dal rapporto di stima con l’azienda. Il suo modo di presentarsi conferma questo orgoglio professionale. Mi ha molto colpito il loro modo di presentarsi, tipo: “My name is John and I am a salesman”, da cui non verbale si osservava la fierezza di svolgere un lavoro che ogni impresa USA considera tra le funzioni determinanti per la performance aziendale.

La cultura americana si fonda su un assioma semplicistico secondo il quale: “Quando i ricavi dell’azienda sono generati da coloro che tengono contatti sistematici con la clientela, tipico del “business to business”, dobbiamo investire su queste persone, perché la loro qualità e la loro motivazione sono determinanti per il successo dell’azienda stessa!”

Nella mia esperienza questo semplice sillogismo trova scarso riscontro nella cultura nazionale, dove si considera ancora il ruolo del venditore come un lavoro di ripiego.

Ricordo i commenti dei miei compagni d’università quando dopo la laurea decisi di restare nel mondo della vendita, dove ero casualmente piombato da studente per motivi economici. Il commento più comune era: “Chi te l’ha fatto fare di studiare tanto per poi andare a fare il venditore!”

Un altro esempio eclatante di scontro culturale l’ho vissuto alcuni anni or sono quando la Provincia di Firenze ci dette la possibilità di proporre al mercato due corsi gratuiti di 10 giornate ciascuno finalizzati a favorire l’occupazione:

  • il primo era un corso avanzato di lingua inglese, di 80 ore.
  • il secondo era un Master di vendita sempre di 80 ore che prevedeva ottime prospettive occupazionali, anche se non dichiarate esplicitamente.

Ad entrambi i corsi era stata data la stessa visibilità promozionale. Ebbene al corso di inglese abbiamo avuto 122 iscritti, al corso di vendita solo 4 eroiche persone, tutte già impiegate nel ruolo di venditore ma nessun giovane in cerca di occupazione ha accettato la sfida.

Da questo episodio ho tratto la conclusione che troppe persone preferiscano una sana disoccupazione all’avventura nel mondo della vendita.

Sono convinto che si tratti di una inconcepibile sottocultura le cui cause sono tante, ma forse la dominante nasce proprio dall’orientamento aziendale italico, dove troppo spesso, domina ancora il focus sul prodotto e servizio, mentre si tende a trascurare l’importanza della comunicazione efficace al mercato che solo i veri professionisti della vendita sanno assicurare.

Molti fondatori delle nostre PMI hanno una matrice produttiva, pertanto ottengono spesso un rapido successo nella fase di start up, salvo poi afflosciarsi nella fase di crescita dove l’ampliamento del mercato richiede competenze manageriali e soprattutto commerciali.

La qualità di vendita come vero vantaggio competitivo

Questo rischio, tipico della micro impresa italiana, non lo corre il nuovo imprenditore che avvia un’impresa sulle ali delle proprie esperienze pregresse nella vendita.

In tanti anni di affiancamento alle aziende posso affermare che quelle imprese che godono di una solida cultura commerciale sono meno fragili alle crisi di mercato per la loro capacità e velocità di reagire ai cambiamenti.

L’innovazione produttiva è sempre stata una carta vincente, ma oggi è di breve periodo, perché Se la novità funziona è obsoleta (Mc Luhan), vista la velocità di rinnovamento tecnologico, mentre il vantaggio competitivo “Qualità della rete vendita” è sempre un investimento di lungo periodo.

In questo contesto le aziende fanno fatica a mettere a bordo venditori di spessore, sia per la scarsa domanda, sia per la qualità dei venditori che si propongono. Ne consegue che la scelta del venditore è spesso banalizzata e si fonda prevalentemente sulla provenienza dal settore, anziché su collaudate qualità di vendita. Per questi motivi l’asticella della selezione è spesso molto bassa. Quando poi dobbiamo reclutare il plurimandatario, sembra che la motivazione primaria sia la copertura di un territorio scoperto e non la ricerca di un venditore di successo.

I quattro pilastri del successo nel venditore

L’ho presa spaziosa per evidenziare la grande opportunità che hanno molte aziende di avviare un piano di crescita della qualità commerciale partendo dalla selezione per poi aiutarli nella crescita professionale.

A tal fine vorrei evidenziare quattro pilastri che nella mia esperienza sono denominatori comuni nei venditori “high performer”. Due di questi criteri sono attitudinali (Motivazione e positività) e gli altri due rientrano nelle specifiche competenze di ruolo.

1 – Alta motivazione al ruolo

La vendita è un lavoro particolarissimo, forse uno dei più difficili, se svolto professionalmente, perché richiede oltre ad elevate capacità relazionali, grande tenacia e la necessità saper gestire il proprio umore mantenendo la necessaria brillantezza in ogni occasione. Queste caratteristiche richiedono un’alta motivazione al ruolo, la gioia di creare rapporti con la clientela, la forte gratificazione dal risultato e la capacità di auto motivarsi. In altre parole non è un lavoro che si può svolgere perché non si trova niente di meglio.

2 – Attitudine positiva

L’attitudine positiva, nota come “bicchiere mezzo pieno”, favorisce una percezione positiva della realtà che ci circonda, tale da farci sentire attori dei nostri risultati e del nostro successo di vita. Questa sensazione fa scattare in noi la massima motivazione a crescere e puntare a risultati più ambiziosi, sapendo che dipende solo da noi.

In contrapposizione l’attitudine negativa genera un atteggiamento mentale ipercritico o scettico di fronte a qualunque situazione impegnativa, si presenti. Questa negatività tenderà ad essere scaricata all’esterno, difficilmente imputata a se stesso, perché per la legge della sopravvivenza della propria autostima, la colpa non può mai essere nostra. Ecco che il venditore dalle attitudini negative si costruisce una corazza di alibi per spiegare i propri insuccessi, investe più tempo nella ricerca di fantasiose giustificazioni che nell’analisi dei propri errori. Da qui nascono le mie conclusioni che affermano: Si possono avere attitudini negative e svolgere 1000 lavori, non si può essere venditori efficaci senza attitudini positive.

3 – Capacità di progettare la vendita

Significa dedicare ampio spazio alla pianificazione del lavoro e al monitoraggio, sia nell’acquisire nuovi clienti che nello sviluppare quelli esistenti.

Raramente il venditore inciampa in nuovi clienti! Acquisire un nuovo cliente non è un episodio fortunato, ma il risultato di un progetto di sviluppo di nuovi clienti. Troppi venditori non hanno strategie personali per crearsi il contatto col nuovo cliente, alcuni pensano che debba essere l’azienda ad aprire loro la porta di nuovi contatti, mentre una buona scuola di vendita conferma che questa è una specifica responsabilità del venditore il quale deve assicurarsi la creazione e fidelizzazione dei migliori clienti.

4 – Skills di vendita

Non è banale parlare di tecniche di vendita efficaci perché la formazione di vendita propone una vasta gamma di comportamenti da interiorizzare, ma molti di questi sono cosmetici, mentre altri influiscono direttamente sul risultati di vendita. Faccio un esempio: se l’azienda gode di evidenti vantaggi competitivi da potersi permettere un markup sul prezzo, non può avvalersi di venditori, incapaci di gestire il prezzo.

Conclusioni

E’ compito delle aziende valorizzare il ruolo del venditore. Può essere fatto alzando l’asticella della qualità di vendita, con una selezione più accurata e con maggiore attenzione alla crescita professionale. Occorre soprattutto riconoscerne l’importanza all’interno delle aziende, non necessariamente da un punto di vista economico, ma per il suo ruolo strategico di front line sul mercato.

Ci aspettiamo che molti giovani di spessore riconoscano nella vendita il loro sogno professionale e dichiarino con orgoglio e fierezza: “I am a salesman!”

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