L’arte del levare il soverchio: da Michelangelo al Business Coaching!
Per coloro che supportano le aziende nel cambiamento è necessario da un lato essere sempre aggiornati sulle tecniche, le teorie, le attività da fare, dall’altro anche crearne di nuove. E per dare spazio alla creatività non c’è niente di meglio che contaminare le idee con esperienze anche molto diverse che poi possono essere utili nella nostra quotidianità lavorativa.
Per questo, ci permettiamo un paragone tra il grande Michelangelo e il coaching per provare a spiegare l’efficacia di questa tecnica introdotta da Gallwey e Whitmore ormai quasi 40 anni fa.
Michelangelo era un genio…ed era anche un pazzo furioso!
Michelangelo era una presenza che affascinava tutti sin dall’inizio della sua giovane vita, tanto che tutto quello che egli disse a Firenze venne considerato come una “Bibbia”: non si può né cambiare, né discutere! Lorenzo il Magnifico in persona, quando lo vide per la prima volta, si accorse che era di fronte ad un genio e lo accolse subito in casa sua come un figlio (e all’epoca Michelangelo aveva appena 13 anni!).
Sin da piccolo il giovane artista aveva solo un obiettivo in testa: diventare uno scultore degno di Dio. A Michelangelo non interessava essere il più bravo tra tutti gli esseri umani (anche perché sapeva di esserlo!): voleva proprio essere degno del più grande artista dell’Universo: Dio.
Nella sua mente, Dio era il creatore, e quindi l’unico artista degno di essere chiamato tale. E Dio, sempre secondo Michelangelo, toccava ogni cosa e disegnava ogni angolo dell’Universo nascondendo ovunque le sue creazioni più belle. E allora, nella visione michelangiolesca, che ruolo aveva l’artista-essere umano? Secondo il nostro genio, l’essere umano non ha alcuna possibilità di creare, può solamente scoprire la bellezza delle opere già create da Dio. In questo senso un blocco di marmo secondo Michelangelo, era già stato scolpito da Dio e l’unico compito che aveva l’essere umano era quello di “eliminare il soverchio” che imprigionava l’opera all’interno del blocco e ne disvelava la bellezza divina.
Il pensiero di Michelangelo affascina tutti sin da subito, soprattutto l’idea di una bellezza intrinseca nelle cose e nelle persone che spesso non riesce ad essere disvelata, come imprigionata in un blocco di marmo.
Ed è qui che nasce il paragone con il coaching. In Change Project crediamo fermamente che le persone abbiano in sé tutte le caratteristiche e le potenzialità per emergere e raggiungere risultati eccelsi, proprio come Michelangelo credeva che un blocco di marmo racchiudesse in sé una splendida scultura. E crediamo anche che molte di queste persone non riescano a raggiungere dei risultati perché sono imprigionate da un blocco.
Il coaching fa proprio questo: disvela la vera essenza della persona facendogli scoprire tutti gli strumenti che già possiede (e che spesso non conosce) per ottenere risultati, raggiungere obiettivi, ecc. Nel processo di coaching, il coach è “solo un aiuto”: non indica la strada, non da la soluzione. Il coach aiuta la persona a trovare la sua propria strada per raggiungere i suoi personali obiettivi, ampliandone la capacità di esplorare risorse e ambiente circostante.
John Withmore usava il modello G.R.O.W. per aiutare i suoi coachee.
Il modello GROW è in realtà un acronimo che indica i passi da seguire nel processo di coaching:
G = Goal = Obiettivo. Il primissimo passo da fare è identificare lo Stato Desiderato da raggiungere, trasformandolo da desiderio ad obiettivo concreto, tempificato, motivante e che sia sotto la diretta sfera di controllo del coachee. Senza un obiettivo ben definito, non si potrà raggiungere nessun obiettivo! Per tale ragione questa fase è probabilmente la più delicata di tutto il processo.
R = Reality = Realtà. E’ la fase in cui si analizza il presente (N.B. il coaching non scava nel passato) con i suoi ostacoli e le sue risorse, cercando di individuare quali sono i blocchi e e su cosa possiamo agire.
O = Options = Opzioni. Questa è la fase generatrice di idee e possibilità. In questo passaggio il coachee naviga tra le infinite possibilità che potrebbe esplorare. E’ il momento dell’abbondanza di idee, in cui si possono anche usare tecniche di visualizzazione o usare le metafore (Come ci insegnano Bendler e Grinder nel loro libro La struttura della Magia).
W = Will = Volontà. A questo punto il coachee arriverà a fare le sue scelte tra le possibilità esplorate in precedenza. Definirà le azioni che vuole mettere in pratica, come metterle in pratica, le tempistiche e come misurarne l’effettiva efficacia.
L’incontro successivo si aprirà quindi con la fase di CHECK, attraverso la quale si misura l’efficacia e fattibilità delle azioni intraprese.
Da Withmore ad oggi molti altri modelli sono stati progettati da altri coach ma questo definisce sempre la traccia di base a cui fare riferimento per “eliminare il soverchio” e liberare l’opera d’arte che è rinchiusa nei vostri collaboratori.
So bene che di menti geniali come quella di Michelangelo ne esistono poche: questo non significa che ognuno di noi non abbia in sé la capacità di raggiungere risultati ben più grandi di quello che pensa. La forza del coaching sta proprio qui: nella capacità di disvelare la vera bellezza e potenzialità che ognuno di noi possiede, come un David racchiuso in un blocco di marmo ancora da scoprire!