I social network: “alleati” o “ruba tempo”?

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Il paradosso nell’utilizzo aziendale

La cattiva notizia è che il tempo vola. La buona notizia è che sei il pilota. Michael Althsuler

Alla base di una buona organizzazione c’è sicuramente l’analisi delle proprie attività.

Ogni persona è più o meno consapevole che nell’arco della giornata, possono accadere molti imprevisti e che molte delle ore trascorse sul posto di lavoro non sono sempre così produttive.

Le ore possono essere sprecate, perdute o anche rubate!

Nella maggior parte dei casi, senza che l’interessato ne sia del tutto consapevole.

A partire dal famoso studio condotto da J. McKenzie abbiamo potuto appurare come il 20% del tempo che si passa sul lavoro, non è produttivo. Cioè ben 2 ore su 8 in una giornata. Queste statistiche sono tuttora valide e sono state in parte anche confermate e pubblicate in una nostra indagine: “Time Management – come gestire il tempo per non essere schiavi dei propri impegni” [ Cap. 5 -Analisi delle attività, pag. 40, Milano ed. Alpha Test, 2° Ed. 2015].

Quali sono dunque i nostri ruba tempo? Quando poniamo questa domanda, nei nostri corsi di formazione sul time management, i partecipanti fanno riferimento alle interruzioni dei colleghi dove il contenuto ha poco o nulla di prettamente inerente al lavoro.

La letteratura riporta sul podio delle perdite di tempo: le riunioni improduttive, la mancanza di priorità e di pianificazione, i rinvii e tutti quei progetti che cambiano nel tempo fino quasi a dissolversi nel nulla…

Secondo voi questa classifica è ancora attuale?

Oggi all’interno di questa categoria non possiamo fare a meno di aggiungere le notifiche provenienti dall’ambiente esterno o virtuale (per esempio Whatsapp, Facebook, Twitter, Linkedin ecc.).

Difatti l’utilizzo massivo dei supporti tecnologici (smartphone e tablet su tutti) ha portato addirittura a casi di social network addiction, ovvero patologie contraddistinte da ansia da notifica. Non è un caso l’inclusione dello IAD (Internet Addiction Disorder) nel DSM-V, all’interno delle dipendenze comportamentali, come per esempio il gioco d’azzardo.

Se inizialmente molte imprese hanno scelto a livello direzionale di bloccare gli accessi al mondo social per i propri dipendenti, in un secondo tempo, quando il nuovo paradigma web si è imposto a livello strategico, è stato invece richiesto al gruppo un coinvolgimento allo story-telling aziendale (condivisione dei contenuti e dei post della propria organizzazione) in un’ottica informativa-promozionale.

Questa apparente schizofrenia organizzativa, insieme a una proliferazione della comunicazione virtuale, ha comportato un sensibile aumento degli elementi distrattivi sul posto di lavoro.

Possiamo considerarli  dei nuovi ruba tempo? La nostra esperienza consulenziale, ci riporta continuamente esempi di manager che rispondono durante le riunioni ai messaggi dai propri smartphone, mandano messaggi su Whatsapp durante le riunioni o, peggio ancora durante colloqui individuali con i propri collaboratori.

Questo nuovo paradigma comunicativo del web ha ridefinito il concetto di “pausa”, portandoci a dover imparare a prendere una pausa dagli altri per riuscire a portare a termine le proprie attività senza rimanere vittime dell’ultima notifica.

Il tema si fa quindi più complesso del previsto…

Molte realtà organizzative, con le quali lavoriamo, utilizzano gruppi di Whatsapp con i colleghi per gestire le aperture (retail e uffici); molti professionisti usano gruppi chiusi di Facebook o Linkedin per discutere le strategie commerciali o comunicative con il proprio gruppo.

In queste situazioni i social possono invece essere visti come alleati, anche se il confine è al quanto labile, perché dipende dall’utilizzo (spontaneo vs. programmato) e dal grado di aderenza con i propri obiettivi aziendali quotidiani (coerenza vs. non coerenza).

Esistono molti casi di successo dei social. Molte grandi aziende hanno investito su piattaforme dinamiche, come per esempio Tibbr, nella personalizzazione social su misura per aumentare l’engagement dei propri dipendenti alla stessa vita aziendale.

Le vecchie intranet statiche hanno lasciato il posto ad ambienti virtuali dove il gruppo può esprimere pareri, collaborare e chattare di progetti ma anche di sport e vita privata. Molte di queste piattaforme operano anche attraverso app e piattaforme integrate, web e mobile, utilizzabili ovunque.

Coin-OVS, è un caso esemplare di un’azienda che ha fatto un vero e proprio passaggio dall’e-learning al social learning, portando anche la formazione ai propri dipendenti attraverso gli stessi social.

Change Project in questo momento, sta seguendo un progetto webinar dove le recensioni ai singoli moduli del corso vengono condivise proprio su una piattaforma social interna all’azienda.

Alla luce di questo paradosso, a quali conclusioni possiamo arrivare?

La scelta su come e quando usare lo strumento social dipende sicuramente dalla cultura organizzativa di appartenenza, ma è anche una nostra scelta quotidiana, pertanto possiamo:

  • domandarci il grado di aderenza con la nostra attività prima di interromperci bruscamente.
  • prestare maggiore attenzione a quanto l’utilizzo è consapevole o meno (spontaneo vs. programmato).
  • prendere nota in una “giornata x” del tempo passato a rispondere a messaggi in ottica time management.
  • imparare a dare feedback orizzontali a colleghi e collaboratori eccessivamente distratti da continue notifiche e cercare di veicolarne l’utilizzo alle vere e proprie pause come esercizio di leadership.

Il tempo vola e siamo noi gli unici piloti della nostra giornata!

[Articolo estratto e riadattato dal capitolo: “Dal Time Management al Digital Time Management, cap. 9 – Time Management, 2° Ed. Alpha Test 2015]
 

Alessandro Sansavini

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